L’imprenditore capitalista

“Per gli economisti classici e per Marx, l’attività produttiva nell’economia capitalistica era controllata e gestita da capitalisti che facevano anche gli imprenditori. Questa sottolineatura del ruolo del capitale dell’imprenditore era legata alla concezione classica del capitale come anticipazione nel tempo delle spese necessarie per mettere all’opera il lavoro, che avrebbe generato in un momento successivo i ricavi con cui si sarebbero recuperati i costi e si sarebbe realizzato un profitto (o, per Marx, un plusvalore). La remunerazione del capitalista/imprenditore si risolveva in questo contesto nella remunerazione del capitale impiegato (il profitto), essendo che in equilibrio il tasso di profitto risultava uguale al tasso d’interesse”. (fonte: www.sapere.it)

Al posto dell’artigiano o dell’operaio, il protagonista della produzione diviene sempre più l’imprenditore capitalista che provvede all’acquisto delle macchine, alla fornitura della materie prima, all’organizzazione del lavoro, al reclutamento e al licenziamento degli operai, alla ricerca dei mercati opportuni in cui investire. Alla base della sua cultura e della sua mentalità è un’altissimi considerazione dell’energia dell’individuo rischiosamente impegnato nella lotta pera la sopravvivenza, la ricchezza, il potere. Siamo molto lontani dagli ideali del giusto guadagno e dell’investimento sicuro e privo di rischi, concetti propri dell’economia mercantile.

Per i filosofi dell’età industriale il disfrenarsi delle energie individuali (individuo qui considerato come un atomo che sprigiona la sua forza e che non riconosce alcun valore più alto di se stesso) dovrebbe comporsi entro un disegno complessivo armonioso. Per Adam Smith (che gettò le basi dell’economia classica) e per Jeremy Bentham (esponente del liberalismo) gli interessi individuali, gli egoismi, possono diventare forze che concorrono allo sviluppo generale a patto che non vi siano prevaricazioni, purché nessuno perseguendo l’utile suo impedisca agli altri di perseguire il proprio. Secondo Bentham, l’interesse di ciascuno è la condizione del benessere di tutti.

I grandi temi del liberalismo si possono collocare entro il quadro dell’autoregolazione degli egoismi individuali. In tale contesto la libertà dell’impresa è rivendicata dagli imprenditori come libertà di acquistare e di vendere; di assumere gli operai, di licenziarli, di fissare i salari, d’imporre i tassi di produttività e gli orari di fabbrica; di regolamentare la vita dei lavoratori indipendentemente e, nel caso, contro ogni richiesta delle loro associazioni. La polemica contro l’associazionismo operaio raggiunge punte altissime nell’Inghilterra degli anni Venti. Con altrettanta forza la classe dirigente scandisce il tema della libertà dell’individuo da ogni forma di controllo statale. Il solo compito riconosciuto allo Stato è dunque quello di difendere la proprietà, di proteggere i diritti dei cittadini, di garantire la libertà d’iniziativa dei singoli, di tutelare la libertà del commercio.

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